Carlos mannaggiadio by John Carlos

Carlos mannaggiadio by John Carlos

autore:John Carlos [Carlos, John]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2024-02-14T23:00:00+00:00


Tommy e Lee

In quel periodo ho cementato i rapporti con i giovani talenti considerati i leader dell’Ophr, Lee Evans e Tommie Smith. Li avevo già incontrati in passato, ma sempre nella foga della competizione. Ero andato alla San Jose State per le nazionali nel 1965. A essere sincero, venendo da New York, mi sembrava che fossero ragazzi di campagna. Li prendevo sempre in giro: «Amico, è come se voi ragazzi metteste ancora i cappellini sulle scarpe e indossaste le bretelle». Ma anche allora, per quanto li chiamassi «campagnoli», era ovvio che avevano straordinarie capacità sportive. Nutrivo rispetto e ammirazione per loro e per il talento che in ogni gara portavano in pista.

Prestavo molta attenzione soprattutto a Tommie, perché entrambi correvamo i 200 metri e lui era il numero uno al mondo su quella distanza. Era anche il tipo che non gareggiava contro i migliori avversari, come me, a meno che non fosse assolutamente necessario. Capivo il motivo di questo suo approccio, però mi infastidiva. Rispettavo Tommie e le sue capacità, ma sentivo anche che le nostre capacità erano commisurabili. Avremmo dovuto essere come Ali e Frazier nel periodo precedente alle Olimpiadi del 1968, gareggiando continuamente l’uno contro l’altro. Ma lui mi evitava come se avessi il vaiolo, nel corso della mia carriera ci siamo affrontati solo cinque volte.

Credo che la prima volta che ho gareggiato contro Tommie sia stato nel 1967 al Los Angeles Coliseum. Correvo in una staffetta con il grande Jimmy Hines e altri ragazzi di Houston. Ci chiamavamo Houston Striders e avevamo formato una squadra per andare in California, per correre appunto al Coliseum. Tommie Smith era l’ultimo frazionista nella staffetta del miglio, io pure: lo inseguivo, ci siamo un po’ aggrovigliati all’uscita dell’ultima curva. Lui mi ha urtato e si è allontanato, l’ho ripreso di nuovo ma lui ha vinto la gara. Ero infastidito, eravamo arrivati secondi e poteva andare bene, poi però ho scoperto che non davano premi per il secondo posto, il che ha peggiorato le cose.

Credo che avesse un po’ paura di me. Avevo già realizzato un 9.2 nelle 100 yard piane e un 20.2 nei 200. Lui e altri avevano sentito parlare di un atleta messicano selvaggio di nome Juan Carlos. Non c’è una goccia di sangue messicano nel mio corpo, ma ancora oggi la gente mi chiama erroneamente Juan Carlos. In California, con la sua numerosa popolazione messicana, avevo una base di tifosi che mi aspettava. La stampa mi faceva domande sulla mia educazione messicana e io non dicevo nulla, ho lasciato che pensassero quello che volevano. Il «Los Angeles Times» ha persino pubblicato il mio nome come «Juan Carlos, il messicano del Texas». Il «Times» ha confuso la mia età e si è inventato la storia di un Juan Carlos messicano di ventisette anni, matricola, che faceva quei tempi. Ben presto però la gente capì che ero solo John Carlos di Harlem. Quando si trattava di Tommie, avevo una certa preoccupazione. Tuttavia, quando abbiamo iniziato a incrociare le braccia e a presentare le intenzioni dell’Ophr, le cose sono cambiate.



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